CONCERTO CORO SAN GIACOMO

BOLLETTINO PARROCCHIALE NR.382 MAGGIO 2025

ORARIO SANTE MESSE

Orari Sante messe :

 

Feriali: ore 18,30 Lunedì, Martedì, Giovedì e Venerdì  

             ore 20,00  Mercoledì  

Prefestiva: ore 19.00   

Festiva: ore 09.45 e ore 11.00

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CALENDARIO LITURGICO SETTIMANALE

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Tutti i mercoledì

  

 

SANTA MESSA ORE 20.00 E A SEGUIRE LA RECITA DELLA CORONCINA ALLA DIVINA MISERICORDIA 

TUTTE LE DOMENICHE

 

 

 

ALLE ORE 17.00 ADORAZIONE EUCARISTICA E RECITA  DEL SANTO ROSARIO

IL PENSIERO DELLA SETTIMANA

PREGHIERA DELLA SETTIMANA

Preghiera del 19.aprile 2025

LA FOTO DELLA SETTIMANA

La  foto del  18.aprile 2025

CANTARE INSIEME FA BENE!

CORO SAN GIACOMO
CORO SAN GIACOMO
Cantare in coro fa bene perchè stimola la creatività, le relazioni sociali e affettive, sviluppa l'ascolto, l'attenzione, l'espressione e la comunicazione e fa' apprendere un nuovo linguaggio, quello musicale.
Nel coro non ci sono differenze, alti e bassi, grassi o magri, giovani e meno giovani, tutti sono ugualmente importanti e ognuno contribuisce con la propria voce a creare un suono magico e meraviglioso, il suono del CORO.
Il Coro S. Giacomo di Piumazzo, presente in parrocchia da 25 anni anima le celebrazioni liturgiche della comunità e organizza concerti e attività culturali e musicali.
Stiamo cercando nuove voci, femminili e maschili, e una potrebbe essere proprio la tua!
Per informazioni rivolgersi a don Remo o alla direttrice Maria Teresa. Ti aspettiamo! 
Elenco dei prossimi appuntamenti del Coro S. Giacomo: 

 

 

UNA STORIA VERA
Il nonno arrivò in città con le tasche vuote e le mani piene di calli.
Lavorava 16 ore al giorno. Mangiava il minimo indispensabile.
Non si lamentava mai. Lavorava, risparmiava.
Niente vizi, niente tempo da perdere.
Così iniziò a mettere da parte un capitale e a comprare piccoli terreni che la gente gli offriva per bisogno o per urgenza.
Comprava e vendeva. Comprava e vendeva.
A 45 anni aveva già diversi terreni, affittava stanze, gestiva tre attività.
A 60, era rispettato.
Era milionario.
E tutto questo lo costruì senza titoli, lavorando, risparmiando e cogliendo le opportunità.
Ebbero un figlio.
Il figlio crebbe vedendo il risultato, non il processo.
Diventò un buon erede. Ma non un costruttore.
Sapeva amministrare, ma non moltiplicare.
Poi arrivò il nipote.
E il nipote non vide né lavoro, né sacrificio.
Vide solo lusso, viaggi, carte di credito e le coccole della mamma:
“Un giorno tutto questo sarà tuo.”
Fu mandato nelle scuole migliori, ricevette i regali più costosi…
Ma nessuno gli raccontò la storia.
Nessuno gli insegnò a creare, solo a spendere.
E così, in meno di dieci anni, il nipote vendette tutto ciò che il nonno aveva impiegato una vita a costruire.
Tra feste, auto, capricci e “affari” senza senso… bruciò tutto.
Oggi il cognome è ancora conosciuto…
Ma il conto in banca no.
E nessuno parla più del nonno.
MORALE: Il difficile non è diventare ricchi…
Il difficile è crescere qualcuno che non distrugga ciò che hai costruito.

Domenica di Pasqua

Egli doveva risuscitare dai morti

20.aprile 2025

L'annuncio di Pasqua, “Cristo è risorto!”, oggi attraversa il mondo intero. Esso fonda la fede e la comunità dei cristiani, è motivo di speranza e di felicità. E’ anche esperienza di un passaggio, di una trasformazione liberante: un popolo nuovo di “persone liberate” cammina verso la vita nuova che Dio dona attraverso il risorto Gesù di Nazareth: dove regnava morte e disperazione tornano a fiorire vita e speranza, dove domina il peccato si impone la superiorità della Grazia. Alla luce di questo giorno, cambiamo la nostra vita e poniamoci alla sequela di Gesù risorto e vivo, presente e operante in mezzo a noi.

Benedetto sei tu, Signore del cielo e della terra, che nella grande luce della Pasqua manifesti la tua gloria e doni al mondo la speranza della vita nuova; guarda a noi tuoi figli, radunati intorno alla mensa di famiglia: fa che possiamo attingere alle sorgenti della Salvezza la vera pace, la salute del corpo e dello spirito e la sapienza del cuore, per amarci gli uni e gli altri come Cristo ci ha amati. Egli ha vinto la morte, e vive e regna nei secoli dei secoli. Amen

NON DI SOLO PANE NR.1177

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PREGHIERA IN FAMIGLIA

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Riflessione Vangelo: Pasqua c 2025

Vangelo bambini e ragazzi: Pasqua c 2025

 

Dal Vangelo secondo Giovanni



Gv 20,1-9
Egli doveva risuscitare dai morti.

   

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Parola del Signore

IL VIDEO DEL MESE

Per l'uso delle nuove tecnologie - Il Video del Papa - aprile 2025

Il video con l'intenzione di preghiera di Papa Francesco per il mese di aprile 2025: "Preghiamo perché le famiglie divise possano trovare nel perdono la guarigione delle loro ferite, riscoprendo anche nelle loro differenze la ricchezza reciproca."A cura della Rete Mondiale di Preghiera del Papa - Apostolato della Preghiera.

NOTIZIE DAL MONDO

Le testimonianze. Gli ultimi giorni di Carlo Acutis in ospedale: «Accettava la morte»

Il San Gerardo di Monza, più che un ospedale, è una piccola cittadella. Don Riccardo Brena, parroco al nosocomio dal 2022, percorrendone ogni giorno i suoi lunghissimi corridoi per salutare i pazienti, vede i suoi reparti ampliarsi e spostarsi di mese in mese. Quando attraversa il giardino, alza spesso lo sguardo verso l’undicesimo piano: «Là, era ricoverato Carlo Acutis», ripete. Il ragazzo beato, che il prossimo 27 aprile sarà proclamato santo a Roma, rimase poco in realtà tra i reparti: fu portato in ospedale d’urgenza il 9 ottobre 2006, quando già gli era stata diagnosticata una leucemia fulminante di tipo M3, l’11 ottobre entrò in coma per un’emorragia cerebrale e il giorno dopo, alle 5.55, il suo cuore smise di battere. La degenza non durò più di 72 ore ma, di quel tempo, gli infermieri e i dottori che tentarono di salvargli la vita hanno un ricordo lucido.

Poco dopo il suo arrivo in ospedale, Acutis fu trasferito nei reparti di ematologia pediatrica della Fondazione Centro Maria Letizia Verga, dove lavorava il dottor Momcilo Jankovic, pediatra emato-oncologo in pensione, che ancora torna ogni settimana al San Gerardo per studiare e lavorare. Nel 2006 era in turno quando Carlo fu ricoverato: «Arrivò in condizioni già critiche, che neppure oggi riusciremmo a curare nonostante i progressi della ricerca – racconta –, ma ricordo che aveva un’espressione molto dolce, quella di chi è convinto di potercela fare. Ci ha trasmesso grande positività nonostante la malattia». E un ricordo simile lo conserva Mercedes Arguello, la dottoressa che più di tutte è stata vicina a Carlo in quelle 72 ore. Per lei, che dal Nicaragua si era trasferita a Monza per svolgere un anno di formazione all’estero, si è trattato dell’unico decesso in tutta la sua esperienza in Italia: «Era arrivato in ospedale in condizioni tragiche – racconta ad Avvenire dal Nicaragua – ma irradiava una pace e una serenità che ancora mi stupiscono a distanza di anni, se penso che era solo un quindicenne e stava vivendo una situazione tanto difficile».

Anche per l’infermiera Claudia Negri, che nel 2006 era referente del reparto di Acutis, «i casi come il suo sono rari e difficili da dimenticare». A lei era stato affidato il complicato compito di spiegare a Carlo, già molto sofferente, quale fosse il suo quadro clinico: «Queste cose si dicono cercando di raccontare la verità anche a ragazzi di quindici anni – spiega –. Sapevamo che il suo esito poteva essere infausto e ricordo che, quando gli abbiamo detto che la situazione era critica, non si è opposto in alcun modo». La conferma del fatto che Carlo avesse accettato una morte tanto repentina arriva anche dalla sua cartella clinica. O, almeno, da chi l’ha potuta leggere. «Nella cartella – rivela Claudio Cogliati, presidente del San Gerardo – non c’è un segno di lamentela in tutto il periodo del ricovero. È vero che sono documenti scarni, ma spesso viene scritto se il paziente si agita. Per Carlo non è stato così in nessun modo, come se avesse accettato il destino riservatogli dalla sorte».

IL LIBRO DELLA SETTIMANA

Novena a san Carlo Acutis

Descrizione

 

Una novena a san Carlo Acutis per conoscerlo meglio, imitarlo e pregarlo affinché interceda per noi presso Dio Padre e ci ottenga le grazie di cui abbiamo bisogno e, soprattutto, la grazia della santità, della gioia, dell'amore per tutti e per tutte le creature.

DIOCESI DI BOLOGNA

Per seguire le celebrazioni del cardinal Zuppi collegarsi a questo link:   www.youtube.it/user/12portebo

Prossimi appuntamenti

LE PAROLE DEL PAPA

Sulla via della croce il nostro volto, come il tuo, può finalmente diventare raggiante e diffondere benedizione. Ne hai impressa in noi la memoria, presentimento del tuo ritorno, quando ci riconoscerai al primo sguardo, uno a uno.


CELEBRAZIONE EUCARISTICA PER L’INIZIO DEL MINISTERO PETRINO DEL VESCOVO DI ROMA LEONE XIV

OMELIA DEL SANTO PADRE LEONE XIV Piazza San Pietro Domenica, 18 maggio 2025

Cari fratelli Cardinali,
fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
distinte Autorità e Membri del Corpo Diplomatico!
Un saluto ai pellegrini venuti in occasione del Giubileo delle Confraternite!

Fratelli e sorelle, saluto tutti voi, con il cuore colmo di gratitudine, all’inizio del ministero che mi è stato affidato. Scriveva Sant’Agostino: «Ci hai fatti per te, [Signore,] e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te» (Le Confessioni, 1, 1.1).

In questi ultimi giorni, abbiamo vissuto un tempo particolarmente intenso. La morte di Papa Francesco ha riempito di tristezza il nostro cuore e, in quelle ore difficili, ci siamo sentiti come quelle folle di cui il Vangelo dice che erano «come pecore senza pastore» (Mt 9,36). Proprio nel giorno di Pasqua abbiamo ricevuto la sua ultima benedizione e, nella luce della Risurrezione, abbiamo affrontato questo momento nella certezza che il Signore non abbandona mai il suo popolo, lo raduna quando è disperso e «lo custodisce come un pastore il suo gregge» (Ger 31,10).

In questo spirito di fede, il Collegio dei Cardinali si è riunito per il Conclave; arrivando da storie e strade diverse, abbiamo posto nelle mani di Dio il desiderio di eleggere il nuovo successore di Pietro, il Vescovo di Roma, un pastore capace di custodire il ricco patrimonio della fede cristiana e, al contempo, di gettare lo sguardo lontano, per andare incontro alle domande, alle inquietudini e alle sfide di oggi. Accompagnati dalla vostra preghiera, abbiamo avvertito l’opera dello Spirito Santo, che ha saputo accordare i diversi strumenti musicali, facendo vibrare le corde del nostro cuore in un’unica melodia.

Sono stato scelto senza alcun merito e, con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia, camminando con voi sulla via dell’amore di Dio, che ci vuole tutti uniti in un’unica famiglia.

Amore e unità: queste sono le due dimensioni della missione affidata a Pietro da Gesù.

Ce lo narra il brano del Vangelo, che ci conduce sul lago di Tiberiade, lo stesso dove Gesù aveva iniziato la missione ricevuta dal Padre: “pescare” l’umanità per salvarla dalle acque del male e della morte. Passando sulla riva di quel lago, aveva chiamato Pietro e gli altri primi discepoli a essere come Lui “pescatori di uomini”; e ora, dopo la risurrezione, tocca proprio a loro portare avanti questa missione, gettare sempre e nuovamente la rete per immergere nelle acque del mondo la speranza del Vangelo, navigare nel mare della vita perché tutti possano ritrovarsi nell’abbraccio di Dio.

Come può Pietro portare avanti questo compito? Il Vangelo ci dice che è possibile solo perché ha sperimentato nella propria vita l’amore infinito e incondizionato di Dio, anche nell’ora del fallimento e del rinnegamento. Per questo, quando è Gesù a rivolgersi a Pietro, il Vangelo usa il verbo greco agapao, che si riferisce all’amore che Dio ha per noi, al suo offrirsi senza riserve e senza calcoli, diverso da quello usato per la risposta di Pietro, che invece descrive l’amore di amicizia, che ci scambiamo tra di noi.

Quando Gesù chiede a Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?» (Gv 21,16), si riferisce dunque all’amore del Padre. È come se Gesù gli dicesse: solo se hai conosciuto e sperimentato questo amore di Dio, che non viene mai meno, potrai pascere i miei agnelli; solo nell’amore di Dio Padre potrai amare i tuoi fratelli con un “di più”, cioè offrendo la vita per i tuoi fratelli.

A Pietro, dunque, è affidato il compito di “amare di più” e di donare la sua vita per il gregge. Il ministero di Pietro è contrassegnato proprio da questo amore oblativo, perché la Chiesa di Roma presiede nella carità e la sua vera autorità è la carità di Cristo. Non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere, ma si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù.

Lui – afferma lo stesso Apostolo Pietro – «è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo» (At 4,11). E se la pietra è Cristo, Pietro deve pascere il gregge senza cedere mai alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri, facendosi padrone delle persone a lui affidate (cfr 1Pt 5,3); al contrario, a lui è richiesto di servire la fede dei fratelli, camminando insieme a loro:  tutti, infatti, siamo costituiti «pietre vive» (1Pt 2,5), chiamati col nostro Battesimo a costruire l’edificio di Dio nella comunione fraterna, nell’armonia dello Spirito, nella convivenza delle diversità. Come afferma Sant’Agostino: «La Chiesa consta di tutti coloro che sono in concordia con i fratelli e che amano il prossimo» (Discorso 359, 9).

Questo, fratelli e sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato.

In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità. Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo noi siamo uno. E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace.

Questo è lo spirito missionario che deve animarci, senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo; siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo.

Fratelli, sorelle, questa è l’ora dell’amore! La carità di Dio che ci rende fratelli tra di noi è il cuore del Vangelo e, con il mio predecessore Leone XIII, oggi possiamo chiederci: se questo criterio «prevalesse nel mondo, non cesserebbe subito ogni dissidio e non tornerebbe forse la pace?» (Lett. enc. Rerum novarum, 21).

Con la luce e la forza dello Spirito Santo, costruiamo una Chiesa fondata sull’amore di Dio e segno di unità, una Chiesa missionaria, che apre le braccia al mondo, che annuncia la Parola, che si lascia inquietare dalla storia, e che diventa lievito di concordia per l’umanità.

Insieme, come unico popolo, come fratelli tutti, camminiamo incontro a Dio e amiamoci a vicenda tra di noi.