I NOSTRI SANTI

Canonizzando alcuni fedeli, ossia proclamando solennemente che tali fedeli hanno praticato in modo eroico le virtù e sono vissuti nella fedeltà alla grazia di Dio, la Chiesa riconosce la potenza dello Spirito di santità che è in lei, e sostiene la speranza dei fedeli offrendo loro i santi quali modelli ed intercessori.

LA SANTITA'

La santità è l'impegno di ogni giorno vissuto con gioia.
La forza di sorridere anche nei momenti più duri.
Dio incontrato in ogni istante della vita.
Accoglienza incondizionata di ogni fratello.
Preghiera che si incarna nella vita e vita che diventa preghiera.
Impegno perché la giustizia sia realtà per tutti.
Dono semplice del proprio essere.
Accogliere ogni minuto come dono di Dio e ringraziare di cuore.
Credere che Dio accompagna e benedice ogni nostra azione, ogni nostro pensiero.
E' il coraggio della verità, della libertà, della giustizia.
E' costruire la pace attraverso i piccoli gesti di ogni giorno.
E' lasciare che la Parola di Dio illumini la nostra vita.
E' il paradiso raggiunto nel quotidiano.
E' gratuità, generosità, condivisione.
E' dare e ricevere.

 

San Giacomo 25.LUGLIO

Apostolo 

BIOGRAFIA
Albrecht Dürer, San Giacomo, tavola a olio, Firenze, Uffizi, monogrammata e datata 1516Giacomo, detto «il maggiore», era figlio di Zebedeo e di Salome (Mc 15, 40; cf Mt 27, 56) e fratello maggiore di Giovanni l’evangelista, col quale fu chiamato tra i primi discepoli da Gesù e fu sollecito a seguirlo (Mc 1, 19s.; Mt 4, 21s.; Lc 5, 10). È sempre messo tra i primi tre apostoli (Mc 3, 17; Mt 10, 2; Lc 6, 14; Atti 1, 13). Pronto e impetuoso di carattere come il fratello, con lui viene soprannominato «Boanerghes» da Gesù (Mc 3, 17), ma è fra i prediletti di lui insieme col fratello, con Pietro e Andrea. La profezia di Gesù, secondo cui avrebbe bevuto con lui il calice del sacrificio e del martirio (Mc 10, 35-45; Mt 20, 20-28), si realizzò in pieno, quando Giacomo fu il primo tra gli apostoli a dare il sangue per il suo Signore, e come lui fu fatto decapitare durante le feste pasquali da Erode Agrippa I, nel 42/43 (Atti 12, 1-2). San Giacomo non fu l’evangelizzatore della Spagna, né vi è certezza che vi sia stato trasportato il suo corpo: Venanzio Fortunato attesta che ai suoi tempi (VI secolo), si trovava a Gerusalemme. Però dal secolo IX, san Giacomo ebbe un culto straordinario a Compostella nella Spagna (Galizia), che lo ebbe protettore della sua fede e libertà contro i Mori. Quel santuario divenne per l’Europa uno dei maggiori luoghi di pellegrinaggio nel medioevo e oltre.

DAGLI SCRITTI...
Il Martirio…Dalle «Omelie sul vangelo di Matteo» di san Giovanni Crisostomo, vescovo.
I figli di Zebedeo chiedono al Cristo: «Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra» (Mc 10, 37). Cosa risponde il Signore? Per far loro comprendere che nella domanda avanzata non vi é nulla di spirituale e che, se sapessero ciò che chiedono, non lo domanderebbero, risponde: «Non sapete ciò che domandate», cioé non ne conoscete il valore, la grandezza e la dignità, superiori alle stesse potenze celesti. E aggiunge: «Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?» (Mc 10, 38). Voi, sembra dir loro, mi parlate di onori e di dignità; io vi parlo, invece di lotte e di sudori. Non é questo il tempo dei premi, né la mia gloria si manifesta ora. Il presente é tempo di morte violenta, di guerre e di pericoli.
Osservate quindi come, rispondendo loro con un’altra domanda, li esorti e li attragga. Non chiede se sono capaci di morire, di versare il loro sangue, ma domanda: «Potete voi bere il calice» e per animarli aggiunge «che io devo bere?», in modo da renderli, con la partecipazione alle sue sofferenze, più coraggiosi. Chiama la sua passione «battesimo» per far capire che tutto il mondo ne avrebbe ricevuto una grande purificazione. I due discepoli rispondono: «Possiamo!». Promettono immediatamente, senza sapere ciò che chiedono, con la speranza che la loro richiesta sia soddisfatta. E Gesù risponde: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete» (Mc 10, 39). Preannunzia loro grandi beni: Voi, cioé, sarete degni di subire il martirio e soffrirete con me; finirete la vita con una morte eroica e parteciperete a questi miei dolori. «Ma sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo; é per coloro per i quali é stato preparato» (Mc 10, 40).
Dopo aver preparato l’animo dei due discepoli e dopo averli fortificati contro il dolore, allora corregge la loro richiesta. «Gli altri dieci si sdegnarono con i due fratelli» (Mt 20, 24). Notate come tutti gli apostoli siano ancora imperfetti, sia i due che vogliono innalzarsi sopra i dieci, sia gli altri che hanno invidia di loro. Ma, come ho già detto, osservateli più tardi, e li vedrete esenti da tutte queste miserie. Giovanni stesso, che ora si fa avanti anche lui per ambizione, cederà in ogni circostanza il primato a Pietro, sia nella predicazione, sia nel compiere miracoli, come appare dagli Atti degli Apostoli. Giacomo, invece, non visse molto tempo dopo questi avvenimenti. Dopo la Pentecoste infatti sarà tale il suo fervore che, lasciato da parte ogni interesse terreno, perverrà ad una virtù così elevata da essere ritenuto maturo di ricevere subito il martirio.

Voi non sapete quel che chiedete…
Giacomo il maggiore, l’apostolo fratello di Giovanni è il primo apostolo a subire il martirio dimostrando come fosse pronto ad immolare la propria vita per il Signore. Essere discepoli ed apostoli di Gesù significa anche saper offrire la propria vita. Gesù stesso preannuncia questo futuro alla madre di Giacomo e di Giovanni che già li vedeva beneficati di gloria e di onori terreni. L’intervento materno, comprensibile dal punto di vista umano produce però delle tensioni nel collegio apostolico. Evidentemente a quegli onori aspiravano un po’ tutti gli apostoli ed ognuno si sentiva più degno dell’altro per assumere a posti di maggior onore. L’intervento di Gesù è valido per tutti e non solo per la richiesta della madre ed è insegnamento per noi quando ci sentiamo troppo legati ai riconoscimenti materiali.
     

    

 

7.OTTOBRE: BEATA CHIARA LUCE BADANO

Chiara Badano detta Chiara Luce (Sassello29 ottobre 1971 – Sassello7 ottobre1990) è stata una giovane appartenente al Movimento dei Focolari, morta a diciotto anni per un tumore osseo. Dichiarata venerabile dalla Chiesa cattolica il 3 luglio 2008, è stata proclamata beata il 25 settembre 2010.

Figlia di Ruggero Badano e di Maria Teresa Caviglia, visse da bambina nel paese diSassello, in provincia di Savona, e soggiornò spesso d'estate al mare a Varazzepresso gli zii.

Incontrò il movimento dei Focolari ad un raduno del 1980 e partecipò con i genitori al Familyfest 1981 a Roma. Si legò ai gruppi delle giovanissime di Albisola e di Genovae divenne una "gen 3", terza generazione del movimento dei Focolari, occupandosi di bambini e anziani. Nel 1981 iniziò una corrispondenza con la fondatrice del movimento dei Focolari, Chiara Lubich, che più tardi la soprannominò "Chiara Luce".

Nel 1985 si trasferì con la famiglia a Savona per frequentare il liceo classico. Tre anni dopo avvertì un forte dolore alla spalla mentre giocava a tennis e poiché i dolori alle ossa aumentarono, agli inizi del 1989 fu ricoverata in ospedale, dove le fu diagnosticato un osteosarcoma con metastasi. Subì un primo intervento chirurgico all'ospedale Molinette di Torino e cicli dichemioterapia e radioterapia. All'ospedale di Torino incontrò il cardinale Saldarini, in visita ai malati. Perse l'uso delle gambe per la malattia e nel giugno del 1989 subì un secondo intervento di laminectomia dorsale.

Nonostante la malattia continuò a seguire le attività dei focolarini: donò tutti i suoi risparmi ad un amico in partenza per una missione nel Benin e faceva lavoretti da mettere in vendita per beneficenza. Trascorse gli ultimi mesi a letto nella sua casa di Sassello insieme ai genitori, rimanendo in contatto con il movimento focolarino tramite il telefono e continuando a studiare con lezioni private. Durante tale periodo ricevette anche le visite del vescovo della diocesi di Acqui, monsignor Livio Maritano.

Nell'agosto del 1990 Chiara Badano preparò nei minimi dettagli il suo funerale considerandolo una sorta di festa di nozze. Il 10 settembre mandò un saluto a tutti i membri della comunità focolarina, registrando un'audiocassetta, e negli ultimi giorni di vita mandò un biglietto agli amici di Sassello.

Morì la mattina del 7 ottobre 1990, dopo una notte particolarmente sofferta; prima di morire aveva chiesto a sua madre di farle indossare un abito bianco da sposa, per andare incontro al suo "sposo" Gesù.

L'11 giugno 1999 si aprì per lei il processo di canonizzazione diocesano, che si concluse il21 agosto 2000. Subito dopo il materiale raccolto nel processo venne portato in Vaticanodove, dopo il riconoscimento della validità dell'inchiesta, iniziò la fase romana, con la stesura della Positio. I due volumi della Positio vennero depositati presso la Congregazione per le cause dei Santi, che provvide ad esaminare le eroicità delle virtù della Serva di Dio. Il 3 luglio2008 papa Benedetto XVI riconobbe l'eroicità delle virtù e la dichiarò venerabile. Il 19 dicembre 2009 il Papa firmò il decreto di approvazione del miracolo attribuito all'intercessione della Venerabile Serva di Dio ed il 25 settembre 2010 il Prefetto della Congregazione per le cause dei santi, monsignor Angelo Amato la dichiarò beata con una celebrazione che si tenne nel Santuario della Madonna del Divino Amore, alla presenza dei genitori e degli esponenti della comunità dei Focolari, di cui Chiara Badano faceva parte.


Sant’ Antonio di Padova  13.GIUGNO

Sacerdote e Dottore della Chiesa 

BIOGRAFIA
San Antonio nacque a Lisbona. Canonici regolare, poi francescano, predicò dappertutto, nel Portogallo prima, poi in Italia, nutrendo le sue parole con la dottrina delle Sacre Scritture. Pio XII, che ha annoverato Sant’Antonio tra i dottori della Chiesa, gli ha dato il titolo di dottore evangelico, tanto era solito sostenere le sue affermazioni con citazioni del vangelo. Professore di teologia e nello stesso tempo predicatore, combatté l’eresia con estremo vigore e con una eccezionale forza di convinzione. Morì a Padova il 13 giugno 1231 all’età di 35anni in concetto di santità. All’indomani della sua morte innumerevoli miracoli fecero sì che egli fosse invocato dai fedeli come un infaticabile taumaturgo.

MARTIROLOGIO
A Padova sant’Antonio, Portoghese, sacerdote dell’Ordine dei Minori, Confessore e Dottore della Chiesa, illustre per la vita, per i miracoli e per la predicazione, il quale, non essendo ancora trascorso un anno della sua morte, dal Papa Gregorio non fu ascritto nel numero dei Santi.

DAGLI SCRITTI...
Dai «Discorsi » di sant’ Antonio di Padova, sacerdote.
Chi è pieno di Spirito Santo parla in diverse lingue. Le diverse lingue sono le varie testimonianze su Cristo: così parliamo agli altri di umiltà, di povertà, di pazienza e obbedienza, quando le mostriamo presenti in noi stessi. La predica è efficace, ha una sua eloquenza,quando parlano le opere. Cessino, ve ne prego, le parole, parlino le opere. Purtroppo siamo ricchi di parole e vuoti opere, e così siamo maledetti dal Signore, perché egli maledì il fico, in cui non trovò frutto, ma solo foglie. «Una legge,dice Gregorio si imponga al predicatore:metta in atto ciò che predica». Inutilmente vanta la conoscenza della legge colui che con le opere distrugge la sua dottrina.
Gli apostoli «cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito Santo dava loro il potere di esprimersi» (At 2, 4). Beato dunque chi parla secondo il dettame di questo Spirito Santo e non secondo l’inclinazione del suo animo.Vi sono infatti alcuni che parlano secondo il loro spirito, rubano le parole degli altri e le propalano come proprie. Di costoro e dei loro simili il Signore dice a Geremia: « Perciò,eccomi contro i profeti, oracolo del Signore i quali si rubano gli uni gli altri le mie parole. Eccomi contro i profeti, oracolo del signore, che muovono la lingua per dare oracoli.
Eccomi contro i profeti di sogni menzogneri, dice il Signore, che li raccontano e traviano il mio popolo con menzogne e millanterie. Io non li ho inviati né ho dato alcun ordine. Essi non gioveranno affatto a questo popolo. Parola del Signore»(Ger23, 30-32).Parliamo quindi secondo quanto ci è dato dallo Spirito Santo, e supplichiamolo umilmente che ci infonde la sua grazia per realizzare di nuovo il giorno di Pentecoste nella perfezione dei cinque sensi e nell’osservanza del decalogo. Preghiamolo che ci ricolmi di un potente spirito di contrizione e che accenda in noi le lingue di fuoco per la professione della fede, perché, ardenti e illuminati negli splendori dei santi, meritiamo di vedere Dio uno e trino.

 

San Giuseppe 19.MARZO

Sposo della Vergine Maria  - Patronato: Chiesa universale

BIOGRAFIA
San Giuseppe Sposo di colei che sarebbe stata Madre del Verbo fatto carne, Giuseppe è stato prescelto come “guardiano della parola”. Eppure non ci è giunta nessuna sua parola: ha servito in silenzio, obbedendo al Verbo, a lui rivelato dagli angeli in sogno, e, in seguito, nella realtà, dalle parole e dalla vita stessa di Gesù.
Anche il suo consenso, come quello di Maria, esigeva una totale sottomissione dello spirito e della volontà. Giuseppe ha creduto a quello che Dio ha detto; ha fatto quello che Dio ha detto. La sua vocazione è stata di dare a Gesù tutto ciò che può dare un padre umano: l’amore, la protezione, il nome, una casa.
La sua obbedienza a Dio comprendeva l’obbedienza all’autorità legale. E fu proprio essa a far sì che andasse con la giovane sposa a Betlemme e a determinare, quindi, il luogo dell’Incarnazione. Dio fatto uomo fu iscritto sul registro del censimento, voluto da Cesare Augusto, come figlio di Giuseppe. Più tardi, la gioia di ritrovare Gesù nel Tempio in Giuseppe fu diminuita dal suo rendersi conto che il Bambino doveva compiere una missione per il suo vero Padre: egli era soltanto il padre adottivo. Ma, accettando la volontà del Padre, Giuseppe diventò più simile al Padre, e Dio, il Figlio, gli fu sottomesso. Il Verbo, con lui al momento della sua morte, donò la vita per Giuseppe e per tutta l’umanità. La vita di Giuseppe fu offerta al Verbo, mentre la sola parola che egli affida a noi è la sua vita.

MARTIROLOGIO
Solennità di San Giuseppe, sposo della beata Vergine Maria: uomo giusto, nato dalla stirpe di Davide, fece da padre al Figlio di Dio Gesù Cristo, che volle essere chiamato figlio di Giuseppe ed essergli sottomesso come un figlio al padre. La Chiesa con speciale onore lo venera come patrono, posto dal Signore a custodia della sua famiglia.

DAGLI SCRITTI...
San Giuseppe Dai «Discorsi» di san Bernardino da Siena, sacerdote
Il fedele nutrizio e custode

Regola generale di tutte le grazie singolari partecipate a una creatura ragionevole è che quando la condiscendenza divina sceglie qualcuno per una grazia singolare o per uno stato sublime, concede alla persona così scelta tutti i carismi che le sono necessari per il suo ufficio. Naturalmente essi portano anche onore al prescelto. Ecco quanto si è avverato soprattutto nel grande san Giuseppe, padre putativo del Signore Gesù Cristo e vero sposo della regina del mondo e signora degli angeli. Egli fu scelto dall’eterno Padre come fedele nutrizio e custode dei suoi principali tesori, il Figlio suo e la sua sposa, e assolse questo incarico con la più grande assiduità.
Perciò il Signore gli dice: Servo buono e fedele, entra nella gioia del tuo Signore (cfr. Mt 25, 21).
Se poni san Giuseppe dinanzi a tutta la Chiesa di Cristo, egli è l’uomo eletto e singolare, per mezzo del quale e sotto il quale Cristo fu introdotto nel mondo in modo ordinato e onesto. Se dunque tutta la santa Chiesa è debitrice alla Vergine Madre, perché fu stimata degna di ricevere Cristo per mezzo di lei, così in verità dopo di lei deve a Giuseppe una speciale riconoscenza e riverenza.
Infatti egli segna la conclusione dell’Antico Testamento e in lui i grandi patriarchi e i profeti conseguono il frutto promesso. Invero egli solo poté godere della presenza fisica di colui che la divina condiscenza aveva loro promesso.
Certamente Cristo non gli ha negato in cielo quella familiarità, quella riverenza e quell’altissima dignità che gli ha mostrato mentre viveva fra gli uomini, come figlio a suo padre, ma anzi l’ha portata al massimo della perfezione.
Perciò non senza motivo il Signore soggiunge: «Entra nella gioia del tuo Signore». Sebbene sia la gioia della beatitudine eterna che entra nel cuore dell’uomo, il Signore ha preferito dire: «Entra nella gioia», per insinuare misticamente che quella gioia non solo è dentro di lui, ma lo circonda ed assorbe da ogni parte e lo sommerge come un abisso infinito.
Ricordati dunque di noi, o beato Giuseppe, ed intercedi presso il tuo Figlio putativo con la tua potente preghiera; ma rendici anche propizia la beatissima Vergine tua sposa, che è madre di colui che con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna nei secoli infiniti. Amen.(Disc. 2 su san Giuseppe; Opera 7, 16. 27-30)

Sant’ Agnese 21.gennaio

Vergine e Martire

BIOGRAFIA
Fra le innumerevoli vergini che hanno sacrificato la vita per le fede di Gesù Cristo, emerge S. Agnese. Nacque a Roma da genitori cristiani, appartenenti ad illustre famiglia patrizia, verso la fine del III secolo. Giovanetta consacrò al Signore la sua verginità e riuscì a portare il giglio intatto dinanzi al suo Sposo Divino. In piena persecuzione, quando molti fedeli e il clero stesso s’abbandonavano in massa alla defezione, ella rimase fedele a Cristo e gli sacrificò la sua giovane vita. Morì martire a Roma più probabilmente all’inizio del IV secolo. S. Ambrogio e S. Damaso hanno esaltato il suo esempio. Il suo nome è scritto nel canone della messa. La sua fama volò alta e lontana, come il suo culto fu grande e continuo.

DAGLI SCRITTI...
Dal Trattato “Sulle vergini” di sant’Ambrogio, vescovo
E’ il giorno natalizio per il cielo di una vergine: seguiamone l’integrità. E’ il giorno natalizio di una martire: offriamo come lei il nostro sacrificio. E’ il giorno natalizio di sant’Agnese! Si dice che subì il martirio a dodici anni. Quanto é detestabile questa barbarie, che non ha saputo risparmiare neppure un’età così tenera! Ma certo assai più grande fu la forza della fede, che ha trovato testimonianza in una vita ancora all’inizio. Un corpo così minuscolo poteva forse offrire spazio ai colpi della spada? Eppure colei che sembrava inaccessibile al ferro, ebbe tanta forza da vincere il ferro. Le fanciulle, sue coetanee, tremano anche allo sguardo severo dei genitori ed escono in pianti e urla per piccole punture, come se avessero ricevuto chissà quali ferite. Agnese invece rimane impavida fra le mani del carnefici, tinte del suo sangue. Se ne sta salda sotto il peso delle catene e offre poi tutta la sua persona alla spada del carnefice, ignara di che cosa sia il morire, ma pur già pronta alla morte. Trascinata a viva forza all’altare degli dei e posta fra i carboni accesi, tende le mani a Cristo, e sugli stessi altari sacrileghi innalza il trofeo del Signore vittorioso. Mette il collo e le mani in ceppi di ferro, anche se nessuna catena poteva serrare membra così sottili.
Nuovo genere di martirio! Non era ancora capace di subire tormenti, eppure era già matura per la vittoria. Fu difficile la lotta, ma facile la corona. La tenera età diede una perfetta lezione di fortezza. Una sposa novella non andrebbe si rapida alle nozze come questa vergine andò al luogo del supplizio: gioiosa, agile, con il capo adorno non di corone, ma del Cristo, non di fiori, ma di nobili virtù. Tutti piangono, lei no. I più si meravigliano che, prodiga di una vita non ancora gustata, la doni come se l’avesse interamente goduta. Stupirono tutti che già fosse testimone della divinità colei che per l’età non poteva ancora essere arbitra di sé. Infine fece sì che si credesse alla sua testimonianza in favore di Dio, lei, cui ancora non si sarebbe creduto se avesse testimoniato in favore di uomini. Invero ciò che va oltre la natura é dall’Autore della natura. A quali terribili minacce non ricorse il magistrato, per spaventarla, a quali dolci lusinghe per convincerla, e di quanti aspiranti alla sua mano non le parlò per farla recedere dal suo proposito! Ma essa: “E’ un’offesa allo Sposo attendere un amante. Mi avrà chi mi ha scelta per primo. Carnefice, perché indugi? Perisca questo corpo: esso può essere amato e desiderato, ma io non lo voglio”. Stette ferma, pregò, chinò la testa. Avresti potuto vedere il carnefice trepidare, come se il condannato fosse lui, tremare la destra del boia, impallidire il volto di chi temeva il pericolo altrui, mentre la fanciulla non temeva il proprio. Avete dunque in una sola vittima un doppio martirio, di castità e di fede. Rimase vergine e conseguì la palma del martirio.Lib. 1, cap. 2. 5. 7-9; PL 16, 189-191)

Sant’ Antonio Abate 17.gennaio

Padre del monachesimo

BIOGRAFIA
Insigne padre del monachesimo, nacque circa l’anno 250. Dopo la morte dei genitori distribuì i suoi averi ai poveri, si ritirò nel deserto e lì cominciò la sua vita di penitente. Ebbe molti discepoli e molto lavorò per la Chiesa, sostenendo i martiri nella persecuzione di Diocleziano e aiutando sant’Atanasio nella lotta contro gli Ariani. Morì nell’anno 356.

MARTIROLOGIO
Nella Tebaide sant’Antonio, il quale, padre dei molti Monaci, visse celeberrimo per la vita e miracoli; le sue gesta furono descritte da sant’Atanasio. Il suo sacro corpo però, sotto l’Imperatore Giustiniano, fu ritrovato per divina rivelazione, portato ad Alessandria e sepolto nella chiesa di san Giovanni Battista.

DAGLI SCRITTI...
Dalla «Vita di sant’Antonio» scritta da sant’Atanasio vescovo.
Dopo la morte dei genitori, lasciato solo con la sorella ancor molto piccola, Antonio, all’età di diciotto o vent’anni, si prese cura della casa e della sorella. Non erano ancora trascorsi sei mesi dalla morte dei genitori, quando un giorno, mentre si recava, com’era sua abitudine, alla celebrazione eucaristica, andava riflettendo sulla ragione che aveva indotto gli apostoli a seguire il Salvatore, dopo aver abbandonato ogni cosa. Richiamava alla mente quegli uomini, di cui si parla negli Atti degli Apostoli che, venduti i loro beni, ne portarono il ricavato ai piedi degli apostoli, perché venissero distribuiti ai poveri. Pensava inoltre quali e quanti erano i beni che essi speravano di conseguire in cielo.
Meditando su queste cose entrò in chiesa, proprio mentre si leggeva il vangelo e sentì che il Signore aveva detto a quel ricco: «Se vuoi essere perfetto, và, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi e avrai un tesoro nei cieli» (Mt 19, 21). Allora Antonio, come se il racconto della vita dei santi gli fosse stato presentato dalla Provvidenza e quelle parole fossero state lette proprio per lui, uscì subito dalla chiesa, diede in dono agli abitanti del paese le proprietà che aveva ereditato dalla sua famiglia possedeva infatti trecento campi molto fertili e ameni perché non fossero motivo di affanno per sé e per la sorella. Vendette anche tutti i beni mobili e distribuì ai poveri la forte somma di denaro ricavata, riservandone solo una piccola parte per la sorella. Partecipando un’altra volta all’assemblea liturgica, sentì le parole che il Signore dice nel vangelo: «Non vi angustiate per il domani» (Mt 6, 34). Non potendo resistere più a lungo, uscì di nuovo e donò anche ciò che gli era ancora rimasto. Affidò la sorella alle vergini consacrate a Dio e poi egli stesso si dedicò nei pressi della sua casa alla vita ascetica, e cominciò a condurre con fortezza una vita aspra, senza nulla concedere a se stesso.
Egli lavorava con le proprie mani: infatti aveva sentito proclamare: «Chi non vuol lavorare, neppure mangi» (2 Ts 3, 10). Con una parte del denaro guadagnato comperava il pane per sé, mentre il resto lo donava ai poveri. Trascorreva molto tempo in preghiera, poiché aveva imparato che bisognava ritirarsi e pregare continuamente (cfr. 1 Ts 5, 17). Era così attento alla lettura, che non gli sfuggiva nulla di quanto era scritto, ma conservava nell’animo ogni cosa al punto che la memoria finì per sostituire i libri. Tutti gli abitanti del paese e gli uomni giusti, della cui bontà si valeva, scorgendo un tale uomo lo chiamavano amico di Dio e alcuni lo amavano come un figlio, altri come un fratello.

Madre Teresa di Calcutta

Nata nel 1910 in Macedonia, partì nel 1928 per l’India come religiosa missionaria. Per 20 anni fu professoressa in una grande scuola di Calcutta. Amava molto il suo mestiere, le sue allieve e le sue ex-allieve, le sue«sorelle», cioè le altre religiose con le quali insegnava a scuola.

Un giorno, nel 1946, passando lungo una strada, vide una donna che stava per morire sul marciapiede… I topi e le formiche stavano già rosicchiandole il viso e le membra. Teresa la portò all’ospedale, ma non fu accolta. Decise allora di rimanere lì davanti alla porta finché non avessero curato la donna. Da quel momento, Teresa capì che Cristo le chiedeva di consacrarsi alle persone abbandonate. Nel 1948, dopo aver lasciato la scuola, andò ad abitare da sola in un povero quartiere.

All’inizio aprì una scuola per i bambini poveri, insegnò a leggere, anche a lavarsi e a rendere l’acqua potabile. Il giorno dopo la raggiungono alcune sue ex-allieve. Lei non aveva dimenticato i miseri che morivano sui marciapiedi e ottenne dal governo il permesso per servirsi delle immense sale di un tempio indù. Tutti i moribondi venivano trattati con cura e amore e molti ritornavano alla vita.

Da dodici nel 1950, le missionarie della carità oggi sono migliaia sparse in tutto il mondo.

Madre Teresa morì nel 1997 e Giovanni Paolo II la beatificò nel 2003.

 

Padre Massimiliano Kolbe

  

Nasce l'8 gennaio del 1894 a Zdunska Wola (Polonia). Nel 1918 è ordinato sacerdote e nel 1919, completati gli studi ecclesiastici, ritorna in Polonia

Il primo settembre del 1939 scoppia la Seconda Guerra Mondiale. Nel maggio 1941 fu arrestato dalle SS e portato nel campo di prigionia di Auschwitz.

 

La sorgente della felicità e della pace non sta fuori ma dentro di te.

Massimiliano Kolbe 

 

 

Alla fine di luglio dello stesso anno un uomo del block di Kolbe era riuscito a fuggire dal campo: per rappresaglia i tedeschi selezionarono dieci persone della stessa baracca per farle morire nel bunker della fame. Quando uno dei dieci condannati, Francesco Gajowniczek, scoppiò in lacrime dicendo di avere una famiglia a casa che lo aspettava, Kolbe uscì dalle fila dei prigionieri e si offrì di morire al suo posto. In modo del tutto inaspettato, lo scambio venne concesso. I campi di concentramento erano infatti concepiti per spezzare ogni legame affettivo e le azioni "generose" non erano accolte volentieri.   Dopo due settimane senza acqua né cibo nel bunker, visto che quattro dei dieci condannati, tra cui Kolbe, erano ancora vivi, furono uccisi con una iniezione di acido fenico.  

 

Il 10 ottobre 1982, in Piazza San Pietro, Giovanni Paolo II dichiara "Santo" Padre Kolbe, proclamando che "San Massimiliano non morì, ma diede la vita…."

 

San Valentino Martire 14 febbraio

La più antica notizia di S.Valentino è in un documento ufficiale della Chiesa dei secc.V-VI dove compare il suo anniversario di morte. Ancora nel sec. VIII un altro documento ci narra alcuni particolari del martirio: la tortura, la decapitazione notturna, la sepoltura ad opera dei discepoli Proculo, Efebo e Apollonio, successivo martirio di questi e loro sepoltura. Altri testi del sec. VI, raccontano che S.Valentino, cittadino e vescovo di Terni dal 197, divenuto famoso per la santità della sua vita, per la carità ed umiltà, per lo zelante apostolato e per i miracoli che fece, venne invitato a Roma da un certo Cratone, oratore greco e latino, perché gli guarisse il figlio infermo da alcuni anni. Guarito il giovane, lo convertì al cristianesimo insieme alla famiglia ed ai greci studiosi di lettere latine Proculo, Efebo e Apollonio, insieme al figlio del Prefetto della città. Imprigionato sotto l’Imperatore Aureliano fu decollato a Roma. Era il 14 febbraio 273. Il suo corpo fu trasportato a Terni al LXIII miglio della Via Flaminia. Fu tra i primi vescovi di Terni, consacrato da S.Feliciano vescovo di Foligno nel 197. Preceduto da S.Pellegrino e S.Antimo, fratello dei SS.Cosma e Damiano. 

La festa del vescovo e martire Valentino si riallaccia agli antichi festeggiamenti di Greci, Italici e Romani che si tenevano il 15 febbraio in onore del dio Pane, Fauno e Luperco. Questi festeggiamenti erano legati alla purificazione dei campi e ai riti di fecondità. Divenuti troppo orridi e licenziosi, furono proibiti da Augusto e poi soppressi da Gelasio nel 494. La Chiesa cristianizzò quel rito pagano della fecondità anticipandolo al giorno 14 di febbraio attribuendo al martire ternano la capacità di proteggere i fidanzati e gli innamorati indirizzati al matrimonio e ad un’unione allietata dai figli. Da questa vicenda sorsero alcune leggende. Le più interessanti sono quelle che dicono il santo martire amante delle rose, fiori profumati che regalava alle coppie di fidanzati per augurare loro un’unione felice. Oggi la festa di S.Valentino è celebrata ovunque come Santo dell’Amore. L’invito e la forza dell’amore che è racchiuso nel messaggio di S.Valentino deve essere considerato anche da altre angolazioni, oltre che dall’ormai esclusivo significato del rapporto tra uomo e donna. L’Amore è Dio stesso e caratterizza l’uomo, immagine di Dio. Nell’Amore risiede la solidarietà e la pace, l’unità della famiglia e dell’intera umanità.

SANTI PIETRO E PAOLO 29.GIUGNO

11.NOVEMBRE SAN MARTINO